L’amputazione è vista, dalla persona amputata come “l’inizio della fine” e dal chirurgo come l’atto finale di una lunga “battaglia persa” per salvare l’arto. Alla luce dello stato riabilitativo l’amputazione permette di porre fine a lunghe sofferenze e consente la ripresa di una nuova vita e dell’autonomia.
Cosa accade dopo l’amputazione?
È molto importante che il paziente, prima di procedere alla prescrizione della protesi più idonea e adatta alle sue esigenze, venga sottoposto ad un’attenta valutazione.
I fattori da tenere in considerazione sono: la presenza di lesioni tissutali, di neuromi, la presenza di edema, lo stato della muscolatura residua, l’ambito di movimento. Inoltre, è fondamentale considerare la storia clinica del paziente, la presenza di patologie concomitanti e l’eventuale presenza di difetti della vista.
Fondamentale è la valutazione cardiopolmonare del paziente, considerato che per l’amputato il costo energetico della deambulazione risulta essere superiore rispetto al soggetto normodotato: negli amputati trans-tibiali (TT) si è calcolato un aumento dell’energia metabolica variabile dal 15% al 55%; negli amputati trans-femorali (TF) si è calcolato un aumento dell’energia metabolica richiesta variabile dal 55% al 65%. Nei biamputati l’aumento del consumo di ossigeno è pari al 20-40%, nel biamputato di gamba e del 200% nel biamputato di coscia.
Le fasi della riabilitazione post-amputazione
Le fasi della riabilitazione possono essere considerate due:
- prima della protesi: in questa fase si prepara il moncone per poter poi indossare la protesi, si rinforzano gli arti superiori e l’arto inferiore non amputato, si migliorano le condizioni cardio-respiratorie del paziente per poter poi affrontare l’allenamento con la protesi.
- la seconda è quella che insegna al paziente come usare la protesi e come svolgere le attività della vita quotidiana in maniera autonoma.
LA DEAMBULAZIONE
Il cammino è una sequenza di movimenti compiuti dagli arti inferiori, che avanzano il corpo lungo una traiettoria e contemporaneamente mantengono una postura stabile che sostiene il peso corporeo.
Ogni sequenza dell’attività dell’arto inferiore, indicata come “ciclo del passo”, è costituita da una fase di sostegno del peso corporeo (stance) e da una fase di autoavanzamento (swing). Durante il ciclo del passo circa il 60% del tempo è impegnato nella fase di stance ed il restante 40% in quella di swing. La durata di queste due fasi, che vicendevolmente si integrano, dipende dalla velocità del cammino.
Nella persona amputata si osservano alterazioni del passo, da valutare e correggere durante l’allenamento all’uso della protesi. Le alterazioni del passo sono: la velocità di avanzamento, più bassa rispetto al soggetto non amputato; la fase di stance e la fase di swing, più lunga nel lato protesico. La durata della fase di stance aumenta al decrescere della lunghezza del moncone; al tronco si osserva una inclinazione laterale verso il lato protesizzato (ad esempio, nell’amputato transfemorale, a causa della debolezza dei muscoli abduttori dell’anca e/o per una perdita di stabilizzazione dell’invaso); nel lato sano il sollevamento del tallone avviene in anticipo ed in misura maggiore rispetto al controlaterale affinché la fase di swing dell’arto con protesi risulti più sicuro (tale atteggiamento è più evidente negli amputati transfemorali).
Molti studi riportano che il 50% degli amputati d’arto inferiore presentano un persistente dolore lombare (Smith 1999). Circa il 25% dei soggetti riferisce un dolore lombare frequente, di severa entità che interferisce con le attività giornaliere, sociali, lavorative e del tempo libero (Ehde 2001). La frequenza e l’intensità del dolore lombare negli amputati è maggiore che nella popolazione normodotata (circa il doppio); negli amputati trans-femorali è maggiore rispetto agli amputati trans-tibiali.
Protesi arto inferiore: che cos’è e quali sono le componenti?
La protesi di arto inferiore è uno “strumento“ progettato per sostituire la parte amputata dell’arto, col fine di recuperare la funzionalità e permettere la deambulazione. La protesi quindi svolge due compiti importanti: uno statico, di sostegno ed uno dinamico, durante il passo.
In realtà queste funzioni dipendono dalla corretta interazione tra il corpo e la protesi, in particolare tra il moncone di amputazione e l’invasatura, l’interfaccia tra l’arto residuo e la protesi.
Una protesi deve avere degli standard di efficienza in termini di sicurezza e funzionalità, in altre parole deve garantire stabilità, nella fase statica e fluidità in quella dinamica.
Gli elementi che costituiscono una protesi sono: l’invasatura, gli elementi sostituenti, le articolazioni mancanti, la struttura portante e il piede.
I fattori che determinano una funzionalità ottimale della protesi sono:
- tipo di invasatura;
- modello e caratteristiche dell’articolazione meccanica di ginocchio, caviglia, piede;
- scelta dei componenti;
- corretto allineamento;
- peso adeguato della protesi.
È sempre più diffuso l’uso delle protesi modulari poiché proprio in virtù della modularità è possibile, agendo sui sistemi di giunto dotati di quattro viti, effettuare la regolazione dei singoli moduli nei tre piani dello spazio.
La classificazione delle protesi prevede la distinzione tra le protesi temporanee e quelle definitive:
- Protesi temporanee: sono fornite per un precoce recupero della verticalizzazione e della deambulazione dopo l’amputazione in attesa che il moncone si sia stabilizzato in termini di volume (la variazione di volume avviene per riassorbimento dell’edema e miglioramento del tono/trofismo muscolare). Solo in un secondo momento quando la persona utilizza la protesi provvisoria per qualche ora, camminando si prescrive la protesi definitiva.
- Protesi definitive: in queste protesi, che si presume il soggetto utilizzerà per alcuni anni, l’invasatura è costruita su misura per ogni individuo. Essa costituisce il legame tra il moncone d’amputazione e la parte distale della protesi. La sua forma è importante per la deambulazione e per un buon comfort. Attualmente le invasature sono prevalentemente costruite in resina laminata su calco in gesso del moncone e la struttura portante è generalmente di tipo modulare.
I moduli strutturali e gli elementi funzionali di una protesi: cosa sono e perché sono importanti?
I componenti o moduli strutturali, (quali tubi, giunti di allineamento e di rotazione per la protesi scheletrica) la cui funzione è prevalentemente portante, esistono in vari materiali (acciaio, titanio, carbonio e alluminio). La scelta dei moduli strutturali della protesi si basa soprattutto su due fondamentali caratteristiche: la resistenza e la leggerezza. Tuttavia il fattore da cui non si può prescindere è il peso del paziente. Una protesi in acciaio resistente può sopportare carichi di 120 kg, ma è molto pesante e camminarci richiede un notevole sforzo. È evidente che una protesi in acciaio risulta essere poco adatta per un amputato anziano per il quale una struttura portante in alluminio (capace di sopportare un peso fino a 75 kg.) o in titanio (capace di sopportare un peso fino a 100 kg), grazie alla loro leggerezza, è molto più indicata e può essere decisiva per permettere al paziente di tornare a camminare.
I componenti funzionali quali piedi, ginocchia, vanno scelti non solo in base a classi di peso, ma anche in base alle esigenze funzionali della persona. Un ginocchio in lega leggera con bloccaggio è una prescrizione idonea per pazienti con una massa corporea fino a 75 kg, con bassa esigenza funzionale, ma elevata necessità di sicurezza. Un elemento funzionale importantissimo è il ginocchio in quanto deve garantire la stabilità in posizione statica eretta e nella fase di appoggio della deambulazione, inoltre deve guidare il movimento della parte distale della protesi durante la fase di swing.
Per pazienti con elevata esigenza di sicurezza, quindi per persone anziane in particolare, ma anche in caso di monconi corti, di insufficienza dei muscoli estensori o di contrattura in flessione dell’anca, è spesso necessario ricorrere ad articolazioni con bloccaggio. Per quanto riguarda i piedi, altro elemento funzionale fondamentale, i più comunemente usati sono i non articolati e gli articolati. I piedi non articolati solitamente vengono utilizzati in combinazione con ginocchi liberi. I piedi articolati sono spesso usati in protesi bloccate a livello del ginocchio. Grazie all’articolazione, la pianta del piede viene a contatto con il terreno in anticipo rispetto ai piedi rigidi (o non articolati) e dà, pertanto, più sicurezza rispetto a questi ultimi.
Molto importante è la conoscenza da parte del medico e del fisioterapista delle possibilità di protesizzazione e delle caratteristiche delle varie componenti della protesi. Già in fase di programmazione di una eventuale amputazione è auspicabile che il chirurgo e il fisiatra concordino il livello di amputazione, non solo considerando le necessità chirurgiche, ma anche quelle protesiche. Un moncone corto o troppo lungo sarà ostacolo ad una corretta protesizzazione e quindi al recupero.
L’estetica e la ricostruzione dell’aspetto esteriore sono importanti per l’aspetto psicologico. La tecnica ortopedica permette che alle protesi vengano date le caratteristiche dell’arto residuo con l’obiettivo di non evidenziare l’amputazione. È molto importante sottolineare che spesso i componenti scelti possono compromettere l’estetica.
Il paziente deve essere seguito nel tempo, ovviamente i nuovi protesizzati necessitano maggiormente di essere seguiti ad intervalli temporali più ravvicinati, soprattutto perché devono maturare una “tolleranza” alle pressioni che la protesi esercita sulla pelle del moncone e sviluppare una capacità di resistenza. Durante le prime settimane di utilizzo della protesi, sono numerosi gli interrogativi che il paziente si pone e quindi è importante che l’equipe riabilitativa fornisca tutti gli aiuti ed i chiarimenti del caso. Ad esempio deve essere illustrata la modalità di pulizia dell’invaso e del moncone. Inoltre, i meccanismi delle articolazioni devono avere una manutenzione ad intervalli regolari, in assenza della quale verrebbero compromesse le caratteristiche di funzionalità e comfort.
Le modificazioni di volume del moncone, che di frequente avvengono entro i primi mesi di utilizzo della protesi, necessitano di aggiustamenti dell’invaso che altrimenti risulta inadeguato (per difetto o per eccesso). In alcuni casi, modificando lo spessore della cuffia si può ottenere un accettabile comfort, tuttavia nella gran parte dei casi il tecnico deve ridistribuire le forze di pressione, rimuovendo e/o aggiungendo materiale in altre aree. In alcuni casi, ancora, è necessario rivedere alcuni aspetti dell’allineamento per ridistribuire le forze pressorie e migliorare il comfort.
In ogni caso, è buona norma registrare accuratamente tutte le modificazioni che vengono apportate durante il follow up, in questo modo tutte le successive operazioni di revisione saranno facilitate.
Tecnologie e protesi all’avanguardia: approfondiamo
I piedi per protesi sono componenti prefabbricati. La scelta del piede più adatto dipende da: tipo di protesi, stato del moncone, condizioni fisiche, professione, habitat e abitudini del paziente.
I piedi protesici vengono classificati in: piedi rigidi; piedi articolati monoassiali e pluriassiali; piedi a restituzione di energia (dinamici). Nello specifico vediamo:
- il piede articolato pluriassiale: questo tipo di piede ha un’ammortizzazione pluriassiale data da vari componenti elastici che consentono un movimento in flesso-estensione, prono-supinazione e inversione/eversione. Il piede pluriassiale è caratterizzato da un’ottima adattabilità al terreno che lo rende indicato per pazienti con livello funzionale K2 e K3 (tabella 11/3). Tale protesi è caratterizzata da un rilevante peso del piede, inoltre necessita di manutenzione delle parti interne.
- i piedi a restituzione di energia: il piede dinamico costruito in fibra di carbonio restituisce l’energia accumulata nella fase di appoggio del passo. La prerogativa del carbonio è quella di accumulare energia, deformandosi elasticamente durante la fase di carico e di restituirla nella fase di spinta (toe-off). Tale piede assicura una buona rotondità del passo, un ottimo rapporto tra spinta e morbidezza.
Per quanto riguarda le articolazioni artificiali di ginocchio queste si differenziano tra loro per il modo in cui:
- garantiscono la sicurezza in fase statica;
- guidano il movimento in fase dinamica;
- agiscono con il tipo di piede al quale possono essere assemblate;
- assolvono il loro compito per il tipo di amputato per cui sono state costruite.
Esistono diversi tipi di ginocchio: monocentrici, policentrici, polifunzionali, elettronici con bloccaggio meccanico, con freno automatico, idraulici.
Mantenere il ginocchio in estensione è possibile grazie a meccanismi di bloccaggio (con “sbloccaggio” manuale) o meccanismi frenanti (freno automatico, freno idraulico). Mantenere il ginocchio in estensione è possibile anche allineando opportunamente il ginocchio dietro la linea di carico.
Il ginocchio monocentrico con bloccaggio meccanico e sblocco manuale è un ginocchio che a differenza di tutti gli altri, durante le fasi della deambulazione, rimane bloccato in estensione, garantendo la massima sicurezza. Per potersi sedere il paziente deve sbloccare il ginocchio tirando il cavo di sblocco.
Il ginocchio monocentrico con freno automatico si blocca con il carico del peso corporeo mentre l’articolazione è libera quando non è sottoposta a peso. Questo ginocchio è consigliabile combinarlo con un piede con tallone piuttosto duro. Questa combinazione permette che la frizione entri in funzione immediatamente al momento del contatto tra tallone e suolo, mentre l’utilizzazione di un piede articolato determinerebbe un ritardo dell’azione frenante.
Il ginocchio policentrico ha un meccanismo d’azione molto simile a quello del ginocchio naturale poiché riproduce il movimento di scivolamento e rotolamento propri del femore sul piatto tibiale. E’ un ginocchio con cui è consigliato l’utilizzo di un piede articolato per aumentare la stabilità.
Inoltre, sono disponibili, per pazienti con grado di mobilità maggiore, ginocchia polifunzionali idraulici e/o pneumatici: pluriasse o policentrico (idraulico, pneumatico); monocentrico a frizione (idraulico, pneumatico). I ginocchi polifunzionali, rispetto ai monofunzionali, sono caratterizzati da una funzionalità superiore, (velocità e/o sicurezza) ma hanno una maggior complessità costruttiva, maggiore peso, costo superiore. Il sistema pneumatico consente un movimento armonioso (poiché l’aria è comprimibile), il fine corsa ammortizzato, la manutenzione semplice ed economica. Tuttavia il pistone di tale dispositivo è voluminoso. Il sistema idraulico, rispetto a quello pneumatico, consente una maggiore velocità nella deambulazione, un minor tempo di frenata (grazie alle caratteristiche dell’olio) non richiede manutenzione, fino alla eventuale rottura del dispositivo. Infine, a parità di prestazioni, il pistone ha dimensioni notevolmente inferiori rispetto al ginocchio pneumatico.
Sono disponibili in commercio vari modelli di ginocchio a controllo elettronico regolato da un software con valori preimpostati di comando e di regolazione delle funzioni meccaniche. I ginocchi elettronici hanno il controllo sia della fase statica che dinamica, grazie ad un sistema di sensori che rilevano le forze di reazione del terreno. Il ginocchio elettronico si è dimostrato utile a far ridurre il costo energetico del cammino, in particolare per cadenze del passo più alte dell’andatura confortevole. Anche negli amputati bilaterali di coscia rende più efficiente e più veloce la deambulazione, è però un ginocchio da prendere in considerazione solo per gli amputati che utilizzano sistematicamente tutto il giorno la protesi e che sono molto dinamici.
Quali sono le prospettive future per il paziente amputato?
Il futuro della persona che ha subito un’amputazione di un arto inferiore dipende dai risultati raggiunti con la riabilitazione; più l’amputato ha imparato come utilizzare la protesi e come camminare più utilizzerà la protesi una volta a casa. Sarà capace di compiere molte delle attività della vita quotidiana anche se per alcune avrà necessità di aiuto.
Se invece una volta a casa non indosserà la protesi e non camminerà, utilizzerà solo la carrozzina e si condannerà alla totale dipendenza da altri e alla riduzione importante della socializzazione.
La persona anziana ha maggiori difficoltà ma considerando che l’età non è una malattia, se viene mostrata determinazione tutti i risultati sono raggiungibili.
Può essere molto utile, dopo la fase di ricovero per la riabilitazione, seguire dei programmi di allenamento al cammino in forma ambulatoriale, sotto l’attenta guida dei terapisti. Non servono sedute infinite ma sedute di ottima qualità, essere seguiti da personale della riabilitazione (medico fisiatra, fisioterapista e tecnico protesista) competente è ciò di cui hai bisogno.